Gli artisti e sportivi residenti in Italia, in applicazione del principio di tassazione mondiale (worldwide income taxation), sono soggetti all’Irpef, ovunque abbiano prodotto il loro reddito, se questo è conseguito in base a un rapporto di lavoro autonomo. Il reddito di lavoro autonomo percepito all’estero sarà tassato insieme agli altri eventualmente realizzati in Italia, ancorché venga loro riconosciuto il credito per le imposte eventualmente pagate all’estero. Ciò è previsto (normalmente) dall’articolo 17 delle Convenzioni.

In altri Stati contraenti, invece, i redditi degli artisti e sportivi ivi residenti sono resi esenti da quelli da loro conseguiti negli altri paesi rispetto a quello di residenza (ad esempio nel Regno Unito).

Il sistema adottato dall’Italia è molto chiaro nell’enunciato, ma trova difficoltà pratiche nella sua attuazione, sia per l’ottenimento della certificazione che deve essere rilasciata dall’autorità fiscale del paese estero in cui avviene la prestazione – il documento deve puntualmente corrispondere ai dettami della legge italiana -, sia per l’importo delle imposte stesse il cui credito non può superare quello dell’imposta italiana, sia per il riferimento temporale al recupero, che deve avvenire con riguardo all’anno di imposta in cui si è prodotto il reddito per il quale è richiesta la detrazione del credito di imposta (nel modello Unico). E per tale periodo deve necessariamente essere presentata la dichiarazione dei redditi in Italia.

Non rari sono i casi in cui il committente non residente (ad esempio una scuderia di autovetture da corsa) si accorga, successivamente all’erogazione del compenso al pilota che abbia sotto contratto, di non aver operato la ritenuta d’imposta (withholding tax) prevista nello stato in cui è avvenuta la competizione, e ne pretenda il rimborso da parte del pilota che vi ha partecipato, in quanto l’autorità fiscale di quel paese la reclama. Ciò può avvenire anche dopo diversi anni, e, se il pilota è residente in Italia, egli potrebbe anche non recuperare più il relativo credito nella dichiarazione italiana, in quanto tale situazione è diventata molto più frequente negli ultimi tempi, in seguito alla maggiore attenzione che gli uffici fiscali di ogni stato portano sulla tassazione di questi imponibili, finora un pò trascurati (però non da Francia, Germania, Belgio e Canada, che li hanno sempre perseguiti), e succede che detti organismi contestino o direttamente ai piloti la mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi per tali compensi o reclamino dalle scuderie che li hanno ingaggiati la withholding tax.

All’inverso, lo stesso principio è da applicare alle scuderie italiane e alle stabili organizzazioni in Italia di quelle estere, che corrispondono compensi e/o premi a piloti non residenti per le gare disputate in Italia. Nel qual caso, ove quest’ultima remunerazione non sia individuata specificatamente nel contratto, per determinare l’imponibile da assoggettare a tassazione nel nostro stato, occorrerà adottare il principio per cui il reddito imponibile in Italia dei piloti non residenti viene determinato pro quota, dividendo il compenso generale o i premi non specifici, per il numero delle gare e il risultato dovrà essere moltiplicato per quelle disputate in Italia.

Fonte Il Sole 24 Ore